Com'è fatto un telegiornale



Il quadro

    L’informazione è parte di un sistema vasto, dominato da regole di mercato. L’obiettivo dichiarato è incrementare l’audience, al fine di aumentare la raccolta pubblicitaria. E l’informazione precisa, puntuale, coraggiosa ed intelligente sulla mafia non “si vende” bene.
    Intorno alla metà degli anni ’90 venne consolidandosi l’attuale scenario televisivo: Rai da una parte e Fininvest (oggi Mediaset) dall’altra. Ne scaturì una sorta di concorrenza tra i canali privati e il servizio pubblico.
    Il risultato di questo sistema fortemente condizionato dal “pensiero unico” del consumo e dell’accumulazione di denaro è una evidente deriva qualitativa dell’informazione.


Come è fatto un TG

   Partito sperimentalmente nel 1952 il telegiornale è rimasto grossomodo identico a cinquant’anni fa. Il lavoro giornalistico si struttura in redazioni tematiche, analoghe a quelle che operano nella carta stampata (es. cronaca, politica, esteri, cultura, economia…). Ciascuna redazione si serve di fonti differenti: agenzie di stampa, corrispondenti regionali, inviati che operano all’estero.
   Dall’analisi delle “aperture” serali di due importanti TG nazionali (TG1 e TG5) si ricavano le caratteristiche salienti del genere. Nella mezz’ora di messa in onda vengono fornite non più di 15-16 notizie, per un totale di 7-8 titoli. Anche il mix di notizie è rimasto pressoché immutato rispetto al passato, lasciando alla politica un 20% dello spazio, alla cronaca (principalmente nera) un buon 15% e parecchi minuti allo spettacolo e al gossip. Quest’ultimo settore ha quasi completamente sostituito, negli ultimi anni, le occasioni di informazione propriamente culturale: assistiamo al curioso fenomeno per cui la notizia cinematografica, o discografica, o genericamente libraria coincide di fatto con la promozione di ciò che l’industria culturale - il mercato - sta spingendo in quel momento: il film di Natale, l’ultimo disco della rockstar affermata, il bestseller.
    Analizzando poi i vari TG dal punto di vista contenutistico si evidenziano almeno tre aspetti:
  • la mancata contestualizzazione delle notizie. Nella realtà globalizzata fatti apparentemente lontanissimi sono in realtà strettamente connessi. L’informazione che i TG propongono è invece fatta spesso di “micronotizie” prive della necessaria “cornice” esplicativa, del quadro utile a comprendere a fondo i fenomeni. Può funzionare efficacemente la metafora del mosaico: se ci si limita a fornire tessere separate non si fa un buon servizio informativo. Tendono ad aumentare anche i titoli di apertura, con un effetto di ricchezza che viene facilmente scambiato, erroneamente, per completezza informativa. Il realtà un titolo in più nel sommario nel TG può sortire un effetto aberrante, equiparando notizie assolutamente incomparabili per peso e significato.
  • il frequentissimo impiego di immagini di repertorio, ossia immagini “buone” per tutte le occasioni (vedute di Palazzo Chigi, immagini di vie affollate…), immagini opache, prive della necessaria capacità di “racconto” della realtà.
  • l’abituale ricorso alle interviste “di spalla”: il giornalista offre all’intervistato l’occasione di enunciare un proprio punto di vista, ma evita di porgere la cosiddetta “seconda domanda”, quella che pone dubbi su quanto l’intervistato ha dichiarato. L’intervistato, di fatto, non ha modo di sostenere con efficacia le sue tesi nei confronti di possibili detrattori.

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