Evoluzione umana a rischio



    Nonostante la quantità di notizie prodotte negli ultimi vent’anni sia aumentata tantissimo, non si è arrivati ad un aumento della conoscenza: lo spettatore televisivo è incessantemente bombardato da informazioni che si accavallano e si sovrappongono, che rispondono ad una strategia editoriale fondata esclusivamente sul raggiungimento del maggior numero di spettatori. In questo modo noi siamo ‘informati’ di più, ma sappiamo di meno.

    Interessante quanto allarmante è la tesi esposta da Giovanni Sartori nel suo libro Homo videns, secondo il quale, nel momento in cui si passa dall’homo sapiens (prodotto dalla cultura scritta) all’homo videns (frutto della civiltà dell’immagine), si assiste ad un impoverimento dell’apparato culturale e cognitivo:

Certo è che la televisione - a differenza degli strumenti di comunicazione che l’hanno preceduta (fino alla radio) - distrugge più sapere e più capire di quanto trasmetta.

    Il video-bambino cresciuto davanti al televisore sviluppa capacità visive (prima ancora di imparare a leggere e scrivere) a discapito di quelle simboliche, avviandosi così verso uno stadio evolutivo inferiore rispetto a quello delle generazioni precedenti: la centralità dell’immagine televisiva sta producendo una mutazione delle capacità cognitive e modificando la natura stessa della comunicazione.

La differenza è radicale. La parola è un “simbolo” tutto risolto in quel che significa, in quel che fa capire. E la parola fa capire soltanto se capita, e cioè se conosciamo la lingua alla quale appartiene; altrimenti è lettera morta, un segno o un suono qualsiasi. Per contro l’immagine è pura e semplice rappresentazione visiva. L’immagine si vede e basta; e per vederla basta la vista, basta non esser ciechi. L’immagine non si vede in cinese, arabo o inglese. Ripeto: si vede e basta!

    Il rammollito da video destinato a vita ai videogames non sarà in grado di elaborare concetti astratti che non hanno un preciso corrispettivo in cose visibili, sarà segnato da atrofia culturale e destinato ad utilizzare un linguaggio primitivo costituito soltanto da parole concrete, visibili ad occhio nudo.

Il linguaggio concettuale (astratto) è sostituito da un linguaggio percettivo (concreto) che è infinitamente più povero: più povero non soltanto di parole (nel numero di parole) ma soprattutto di ricchezza di significato, di capacità connotativa.

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